Maternità surrogata e rifiuto alla trascrizione in Francia
Il no alla trascrizione di un atto di nascita ottenuto all’estero – a seguito del ricorso alla maternità surrogata – nei registri dello stato civile di uno Stato non è contrario alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ la Corte di Strasburgo a stabilirlo con la decisione C. e E. contro Francia (ricorsi n. 1462/18 e 17348/18) del 12 dicembre 2019, con la quale i giudici internazionali hanno dichiarato irricevibile i due ricorsi, uno di una coppia di cittadini francesi che aveva fatto ricorso alla maternità surrogata negli Stati Uniti e l’altro di una coppia che aveva seguito lo stesso iter in Ghana. I coniugi avevano chiesto la trascrizione, in Francia, dell’atto di nascita che li indicava come genitori, ma le istanze erano state respinte. Di qui il ricorso alla Corte di Strasburgo. Al centro dell’azione, la violazione dell’articolo 8, che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’articolo 14, che vieta ogni forma di discriminazione. La Corte europea non ha accolto le tesi dei ricorrenti richiamando il parere reso dalla Grande Camera, in base al Protocollo n. 16, il 10 aprile 2019. In quel caso la Corte ha precisato che gli Stati devono prevedere il riconoscimento di un legame genitore/figlio con la madre non biologica, indicata nel certificato di nascita acquisito all’estero, ma sono liberi nella scelta delle modalità potendo, ad esempio, utilizzare l’adozione che permette di garantire l’attuazione effettiva del principio dell’interesse superiore del minore, a patto che avvenga in tempi rapidi. Una soluzione che non ci convince perché di fatto finisce per escludere il riconoscimento dei figli nati attraverso il ricorso alla maternità surrogata, suggerendo una scappatoia – come quella dell’adozione – che potrebbe non corrispondere né agli interessi del minore e neppure a quelli della coppia che abbia fatto ricorso alla maternità surrogata. Malgrado l’avverso avviso della Corte EDU, c’è un’evidente violazione dell’art. 8 della Convenzione che finisce per adottare una soluzione “pilatesca” in considerazione probabilmente di elementi estranei, spesso di sapore religioso, che contrasta con il principio di non discriminazione. In effetti, anche in Italia di dibatte ancora sull’argomento per cui l’avviso espresso della Corte finirà per influire anche sulle decisioni che riguardano casi analoghi, sui quali la Magistratura non si è ancora espressa.
Fonte: www. marinacastellaneta.it
Nota a cura Avv. E. Oropallo