CHE FINE HA FATTO LA TAV?
Dopo tante battaglie che nel corso del primo governo Conte avevano ingaggiato i due capi della alleanza governativa e il Ministro delle Infrastrutture (Toninelli) siamo proprio curiosi di sapere che cosa sta succedendo visto che – dopo il cambio di casacca del governo e soprattutto dopo la la mancata conferma del ministro – è caduto un vero e proprio silenzio sulla vicenda. Eravamo rimasti al sofferto voto al Senato in agosto con la dichiarazione di Conte favorevole alla ripresa dei lavori.A svelare l’arcano è stato recentemente il quotidiano “La Repubblica “ a rivelare che i lavori erano proseguiti e che, a conclusione dei lavori di scavo del primo tratto del tunnel di base della Torino-Lione, vi era stata una cerimonia ufficiale per festeggiare la caduta dell’ultimo diaframma di una galleria che, all’epoca, secondo Toninelli non esisteva. Doveva essere presente, nella grande sala sotterranea, anche un rappresentante del governo italiano, come era presente anche il Ministro francese dei Trasporti il quale ha assicurato la sintonia raggiunta il giorno prima con la ministra De Micheli a Bruxelles. In effetti, Paola De Micheli avrebbe voluto essere presente alla cerimonia. Ma il governo – e Conte per esso – tenuto conto delle polemiche recenti con il M5S, per non urtare la suscettibilità di Di Maio, ha preferito che non ci fosse il Ministro delle Infrastrutture che avrebbe dovuto stringere la mano agli operai che avevano portato a termine un’opera ingegneristica assai complessa. Una decisione davvero paradossale visto che si trattava di un’opera, frutto della collaborazione italo-francese. E’ stato dunque il Ministro dei Trasporti francese a riferire che con la collega italiana c’era una perfetta intesa per andare avanti rapidamente. Ha aggiunto il giornale ironicamente “a Roma pensano che sia meglio non farlo sapere troppo in giro”. Insomma, per mesi quello della TAV era stato un argomento discusso, contrastato da parte del M5S che aveva messo a rischio anche il finanziamento dell’UE per arrivare poi ad accettare quello che già era scritto negli accordi all’epoca intervenuti tra il governo francese e quello italiano e approvato anche dal Parlamento con una legge specifica.