Macron, il cavaliere solitario
Recentemente, in un’intervista concessa all’Economist, settimanale di informazione politica-economica che si pubblica in Gran Bretagna, il Presidente francese ha espresso tutte le sue preoccupazioni per la complessità dei problemi che l’Europa deve affrontare. A partire dalla crisi della Nato e dei rapporti con gli USA, all’impotenza dell’UE difronte alla crisi siriana. Pienamente condivisibile il suo richiamo all’affermazione di una “sovranità europea” in un mondo che vede riaffiorare vecchi e nuovi nazionalismi. Ma la ricetta che Macron abbozza – come vedremo – ha tutti i limiti di un arroccamento dell’intellettuale prestato alla politica sulla prospettiva di una leadership francese nella difficile fase di transizione che l’Europa sta affrontando. Per quanto riguarda la NATO, che – secondo Macron – “è in stato di morte cerebrale”, anche la Merkel che pure lo ha criticato per l’uso “di parole troppo drastiche”, non mette in discussione la sostanza del suo discorso. Il problema sollevato da Macron in effetti è un problema reale in quanto sembra che gli USA vogliano volgere le spalle agli storici alleati europei. Per quanto concerne la crisi siriana, ad esempio, gli USA sono scesi in campo insieme alla Turchia senza consultare gli alleati europei prima di muoversi. Macron ha ricordato anche che l’Alleanza si era impegnata nella guerra contro l’ISIS, al fianco dei curdi, mentre gli USA hanno lasciato mano libera alla Turchia per continuare la loro sporca guerra contro i curdi siriani che contro l’ISIS avevano combattuto e vinto. Condivisibile dunque l’affermazione di Macron che la NATO ha fatto il suo tempo, anche per i notevoli cambiamenti geo-politici. Ma come scrive Andrea Bonanni su “La Repubblica” dell’otto novembre scorso, “tra il dichiarare la morte cerebrale della NATO e il trovare una soluzione al problema della difesa europea il passo è molto lungo”. Come ha dichiarato il segretario della NATO Stoltemberg – replicando alle affermazioni di Macron – “l’UE non può difendere l’Europa”.
Purtroppo i progressi compiuti in materia di difesa comune sono largamente insufficienti a garantire la sicurezza per l’UE ed è questo, di tutta evidenza, l’elemento che rende riottosi i paesi del Centro e Nord Europa a mettere in discussione il ruolo della NATO, soprattutto quando si tratta di paesi che nel loro recente passato erano legati ancora al carro dell’Unione Sovietica.
Quindi, l’iniziativa di Macron – sotto questo profilo – sfonda una porta aperta, se non viene indicato quale può essere il processo attraverso il quale staccare la spina con l’ingombrante alleato USA, che sta brigando anche perché il Regno Unito completi il suo distacco dall’UE per rientrare pienamente nell’orbita degli USA.
In effetti Trump sta tentando di favorire la dissoluzione dell’UE, principale concorrente sul piano economico e probabile avversario politico negli anni a seguire.
Il problema è che “non ci può essere difesa comune, se non vi sia una politica estera comune” scrive ancora Bonanni.
La debolezza politica dell’UE blocca ogni piano di sviluppo dell’Unione e ogni iniziativa per dare un contributo determinante ai problemi del cambiamento climatico come a quello della sicurezza internazionale. E qui Macron, da presidente della Francia, rivela quale sia il suo obiettivo: il rafforzamento della posizione della Francia sia a livello europeo che a livello mondiale.
La Francia, se la Gran Bretagna uscirà dall’UE, resta l’unico paese europeo che possiede un deterrente nucleare e l’unico paese europeo che è membro stabile del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma si guarda bene di mettere a disposizione dell’ONU sia l’uno che l’altro.
Anzi, sembra che la Francia stia facendo di tutto per avere una posizione privilegiata nell’ambito dell’UE.
Nel 2018 per volontà di Macron è nata la E21 – acronimo della European Intervention Initiative – cui aderiscono già dieci dei paesi dell’UE che mira a coordinare l’azione di un limitato gruppo di Stati disponibile ad intervenire in operazioni volte a salvaguardare la sicurezza europea sotto la guida francese.
Questo organismo resta però estraneo alla PESCO, altro organismo istituito all’interno dell’UE sempre per salvaguardare la sicurezza dei paesi UE, ritenuto da Macron troppo inclusivo.
L’idea di una struttura a guida francese, anche collegata sempre con l’UE, ha sollevato più di un dubbio. Sembra quasi che Macron voglia andare alla creazione di un’alleanza simile alla NATO, però con la sola partecipazione di Stati europei, con una posizione privilegiata della Francia come gli USA hanno nella NATO.
Anche perché Macron ha inteso ribadire la sua piena autonomia per quanto concerne la politica estera e a questo proposito vale ricordare che l’Italia ha sperimentato gli effetti di questa posizione francese in Libia quando la Francia ha appoggiato il generale Haftar, mentre l’Italia – e l’UE – appoggiavano Serraj.
Più recentemente, le iniziative unilaterali prese da Macron con Putin, hanno irritato Berlino. E questo spiega la presa di distanza che la Cancelliera Merkel ha preso nei confronti del Presidente Macron. Ancora, va ricordato che la Francia recentemente ha posto il suo veto all’apertura delle procedure preliminari per l’adesione dei Paesi balcanici all’UE come Bosnia, Albania e Macedonia del Nord giudicando – è l’opinione di Macron – che “per rafforzare l’Europa non significa assecondare a tutti i costi l’allargamento”.
Anche in questa occasione, dunque, Macron ha dimostrato una posizione sprezzante nei confronti dei paesi candidati e soprattutto esprimendo un dissenso rispetto all’impegno assunto nel luglio scorso al vertice che si è tenuto a Poznan nei confronti di questi paesi di appoggiare la loro richiesta di adesione, mentre la Merkel ha espresso una opinione diametralmente opposta.
Ancora una volta purtroppo il nazionalismo sta giocando un ruolo decisivo per le sorti dell’UE. Le difficoltà che si incontrano per costruire la difesa comune e una politica estera comune ne sono chiari sintomi.
E’ da prevedere che se l’UE, quando ricomincerà a lavorare a pieno ritmo, non si decide ad isolare le posizioni nazionaliste, e di affrontare senza indugio sia il problema della difesa comune come quello della politica estera, anche procedendo alle riforme necessarie per rafforzare il progetto della costituzione di uno Stato federale, forse bisognerà abbandonare ogni speranza di veder realizzato un sogno, che rimane tale, lasciando alle nuove generazioni il compito ingrato e difficile di completare il percorso iniziato tanti anni fa, sempre che i grandi Stati che si fronteggiano attualmente nella comunità internazionale ce lo consentano.
E non è affatto una prospettiva certa!
Novembre 2019