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“PIU’ FIGLI, PIU’ CRISTIANI, MENO IMMIGRATI”

Chi è l’autore di questa ricetta con la quale si intende risolvere il problema della scarsa natalità in Europa? Potrebbe anche essere il nostro Salvini, il quale ha sostenuto che aumentando il tasso di natalità, potremmo fare a meno dell’“invasione” dei migranti che – secondo la propaganda della destra – vengono a togliere i posti di lavoro ai giovani italiani. Questa volta a rammentarlo non è Salvini ma il premier sovranista Viktor Orbán per rilanciare il tasso di fertilità nel paese ungaro. Tra le misure proposte la più sorprendente è quella di esentare dal pagamento dell’imposta sul reddito ogni donna ungherese madre almeno di quattro figli. Il programma di Orbán prevede anche una politica di forti agevolazioni ai mutui per le famiglie, prestiti agevolati in ogni campo per le nuove coppie sposate. Prevedendo anche una spesa pari a 2,2 miliardi di euro per la Sanità, un comparto del settore pubblico in condizioni molto critiche. Quello che Orbán non ha detto – come ha scritto il corrispondente da Berlino ne La Repubblica – “è che, da quando è ritornato al potere, la popolazione ungherese è diminuita di 236 mila persone ed il calo è superiore a quello registrato prima dell’inizio della sua scalata al potere”. Segno che non si tratta di un fenomeno passeggero, ma di un fenomeno strutturale al quale non si sottraggono gli altri paesi europei. Per dirla più chiaramente, già oggi anche in Italia, se non ci fossero lavoratori stranieri, molti settori già sarebbero in crisi, a partire dall’agricoltura né si può dire che gli immigrati vanno ad occupare posti sottratti agli italiani, perché spesso si tratta di profili professionali che sono rifiutati dai lavoratori italiani. Nei nostri ospedali, comunque, cominciano a scarseggiare medici ed infermieri mentre molti laureati decidono di emigrare all’estero dove riescono ad ottenere stipendi più alti rispetto agli standard italiani. Il mito sovranista si rivela sempre di più solo un mito, utile per far sognare un mondo diverso, laddove il processo di globalizzazione renderà sempre più permeabili le frontiere nazionali ai migranti provenienti da altri paesi, per cui bisognerà imparare a convivere con culture diverse senza alimentare paure se vogliamo salvare l’Europa dalla decadenza politica ed economica.

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