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IL DESTINO DELL’ALITALIA ANCORA INCERTO

Dopo il prestito ponte di 900 milioni fornito dallo Stato l’anno scorso, ancora non si vede all’orizzonte alcuna soluzione anche perché il governo non ha un obiettivo preciso. Innanzitutto viene da chiedersi se serve ancora una compagnia di bandiera, come sostengono Salvini e Di Maio. I fatti sembrano dire il contrario. In Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Austria e tanti altri paesi non c’è più una compagnia controllata dallo Stato. La crisi finanziaria di Alitalia non ha impedito al mercato italiano del trasporto aereo di crescere da 130 milioni del 2009 ai 176 del 2017. Ancora alla fine dell’anno, tra le varie ipotesi, v’era quella dell’acquisto di Alitalia da parte delle Ferrovie. Ipotesi che si è dimostrata non realizzabile in quanto le norme europee nel settore della concorrenza vietano che un’azienda possa essere salvata da un intervento dello Stato. Essendo le Ferrovie dello Stato un’azienda pubblica, un suo intervento in una impresa decotta sarebbe severamente giudicata da Bruxelles che potrebbe intervenire a bloccare l’operazione. Ma l’acquisizione di Alitalia – come ha affermato l’ing. Mazzoncini – già amministratore delegato delle FS per due anni – “l’acquisizione di Alitalia rischia di mettere in difficoltà i conti delle Ferrovie dello Stato” in quanto l’investimento richiesto per l’acquisto del vettore aereo finirebbe per bloccare il piano di investimenti già in corso per l’acquisto di nuovi treni regionali con un impegno di spesa di oltre cinque miliardi di euro. Mentre Cassa depositi e prestiti, che pure dovrebbe partecipare alla cordata di salvataggio, ha respinto per bocca di Giorgetti qualsiasi tipo di coinvolgimento nell’operazione. Recentemente – e siamo in gennaio ormai – il governo ha deciso di rinviare tutto a dopo le elezioni europee, con ulteriore rinvio della restituzione del prestito ponte a giugno. Anche Air France, nel frattempo, dopo il polverone sollevato da Di Maio che ha gelato i rapporti con la Francia, ha detto di non essere più interessata all’acquisto. Ma in cassa restano solo 500 milioni per cui non sembra più rinviabile una soluzione. Malgrado i sorrisi e gli scongiuri di Di Maio, anche i sindacati qualche timore cominciano a intuirlo anche perché qualsiasi soluzione si riesca a trovare, il problema non può essere risolto se non con una diminuzione del personale e l’associazione nazionale piloti mostra di essere preoccupata per questo nuovo rinvio. Anche la trattativa con Lufthansa prevede un esubero di 3000 dipendenti anche se i tedeschi sono disposti a lasciare allo Stato italiano il 51% della società. Un altro passaggio fondamentale per ridurre i costi e riportare in attivo la compagnia riguarda gli aerei presenti nella flotta. Con una flotta omogenea si otterrebbero i risparmi nella manutenzione oltre a ridurre i velivoli. E’ ripresa nei giorni scorsi la trattativa che prevede l’intervento in primo piano delle Ferrovie dello Stato con gli americani della Delta Airlines e con la low cost di bandiera Easyjet. Una ipotesi davvero poco realistica in primo luogo perché, comunque, l’intervento delle FS in questo settore segnerebbe un blocco del piano di investimento già in corso che dovrebbe migliorare il servizio ferroviario a livello regionale. Ancora, la quota di partecipazione del Ministero dell’Economia dovrebbe aggirarsi intorno al 18% del capitale. Anche se si tratta di una quota minoritaria, c’è sempre l’ipotesi di un procedimento di infrazione che potrebbe avviare l’UE perché, comunque, si tratta di un aiuto di Stato. Ancora, secondo quanto scrive La Repubblica del 19.2, il rilancio prevede due distinte società. La prima avrà base a Milano e Easyjet dovrebbe gestire da Linate i voli a marchio Alitalia, mantenendo integro il suo programma di voli dallo scalo Malpensa. La seconda società sarebbe basata a Roma Fiumicino e da qui voleranno sotto il controllo di Delta Airlines i voli verso il Nord America con un ulteriore incremento della presenza degli aerei italiani. Trenitalia dovrebbe garantire un maggior numero di treni ad alta velocità per i collegamenti tra Roma e Milano, senza tener conto che la rete ferroviaria AV già è al collasso perché sono troppi i convogli che viaggiano sui binari dell’alta velocità. Si tratta dunque di una soluzione abbastanza rischiosa anche perché sarà molto difficile mantenere l’attuale numero di dipendenti. Intanto i sindacati chiedono un’accelerazione dopo l’incontro che si è avuto nei giorni scorsi al Ministero. Una posizione davvero scomoda quella del governo che ancora una volta, senza alcun senso di responsabilità, non ha parlato fino ad oggi di probabili esuberi. Senza accordo dei sindacati, sarà molto difficile accettare questa soluzione che attualmente presenta notevoli criticità. Se il piano passa, è difficile che Alitalia possa ritagliarsi uno spazio sul mercato interno ormai gestito dalle compagnie low cost, tenendo conto che oggi il mercato del trasporto aereo non può crescere a dismisura avendo già raggiunto un livello di saturazione che non consente nuove rotte, perlomeno a livello continentale, mentre a livello mondiale solo una ripresa dei livelli produttivi può incrementare un aumento dei trasporti aerei. Insomma, ancora una volta a pagare le spese del salvataggio di Alitalia sarà la pubblica finanza senza neppure la prospettiva che la soluzione possa dirsi definitiva.

Febbraio 2019

Il destino dell’Alitalia ancora incerto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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