ALLARGAMENTO DELL’UE NEI BALCANI
Finalmente una buona notizia per l’UE. In controtendenza rispetto alla ventata di sovranismo scoppiata all’interno dell’UE, con paesi membri che pongono seri ostacoli allo sviluppo dell’UE e che pretendono di assumere posizioni in contrasto con le disposizioni europee – e qui ci riferiamo a quelle in particolare in materia di migrazione – una buona notizia viene dai paesi balcanici che hanno fatto richiesta di ingresso nell’UE. Tra essi, in particolare l’Albania, la Macedonia e la Serbia. All’ordine del giorno del vertice di Bruxelles del giugno scorso era in programma un dibattito sull’allargamento dell’UE, anche se le questioni migratorie hanno occupato largamente il dibattito ma sarebbe una sciagura se l’UE lasciasse cadere questa opportunità soprattutto dopo la pubblicazione della nuova strategia della Commissione europea di una prospettiva credibile per i Balcani occidentali. I Balcani costituiscono una testa di ponte verso l’Oriente senza dimenticare che ci sono altri paesi come la Russia, la Turchia che stanno lavorando per far entrare questi paesi nell’orbita della loro politica di alleanza. Fortunatamente, i leader dei ventotto paesi all’ultimo Consiglio europeo hanno deciso di far partire nel giugno del prossimo anno i negoziati di adesione all’Unione europea per l’Albania e per la ex repubblica jugoslava di Macedonia, dopo un compromesso favorito dalla mediazione di Italia e Germania, osteggiato sia dalla Francia che dall’Olanda. Decisivo in questa discussione è stata la posizione della Commissione che invitava il Consiglio a valutare positivamente i progressi democratici e istituzionali di Albania e di Macedonia. Sono passati più di 10 anni da quando nel 2009 l’Albania trasmise all’Unione la richiesta ufficiale di adesione ottenendo poi nel 2014 lo status di paese candidato. Positivamente, è visto a Bruxelles anche l’accordo raggiunto tra l’ex repubblica jugoslava di Macedonia e la Grecia che finora si era opposta all’ingresso della Macedonia nell’Unione per cui, come hanno avuto modo di esprimersi l’alto rappresentante Federica Mogherini e il Commissario all’Allargamento Johaness Hanh, all’indirizzo di Tirana e Skopje, “il vostro percorso verso l’Unione europea è diventato irreversibile”. Ad aver bisogno dei Balcani, come si accennava sopra, è tutta l’Unione sia per ragioni di sicurezza, sia per sottrarre questa regione all’influenza sia della Russia che della Turchia di Erdogan mentre altro dato positivo è che il progetto di integrazione europea è visto positivamente per riportare la pace in tutta la regione e offrire un futuro di progresso e benessere per le nuove generazioni, spesso costrette a lasciare il proprio paese alla ricerca di una vita migliore nell’Europa Occidentale. Lo stesso dicasi anche per gli altri Paesi candidati all’ingresso tra cui Montenegro e Serbia. Anche se il cammino è ancora lungo, in particolare la Serbia presenta una situazione più favorevole che potrebbe portare ad una riduzione dei tempi previsti per l’ingresso. La giovane classe dirigente serba – ed in particolare il Presidente Vucic, sostiene questo progetto, per ripetere, grazie ai contributi comunitari, il miracolo di Polonia e Ungheria, mentre l’economia è in rilancio grazie anche agli investimenti di Germania e Italia, quest’ultima al primo posto nell’interscambio commerciale. Secondo i dati forniti dalla Banca Mondiale e riportati dal quotidiano “La Repubblica” del 25 giugno scorso, la crescita quest’anno sarà del 3%, stimata del 3,5% nel 2019 e del 4% nel 2020. Il debito pubblico in rapporto al PIL è calato dal 74,76% nel 2015 al 62,6% l’anno scorso. Resta alta ancora la disoccupazione oltre il 14% ma quest’anno il governo ha aumentato anche le pensioni. La nuova leadership ha imposto il lavoro straordinario anche nella pubblica amministrazione e nel settore dell’economia pubblica, rompendo una tradizione secolare. Molto resta da fare ma molti ripongono fiducia nel nuovo presidente, convinto sostenitore delle riforme anche dolorose da attuare per poter entrare nell’UE: al suo fianco l’attuale premier, Ana Brnabic, contestata dalla Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca: inoltre le scelte del governo non trovano talvolta il consenso di importanti ministri che parlano a volte un linguaggio meno europeista. Certo anche per la Serbia potrebbe essere anticipato l’ingresso nell’UE, oggi osteggiato da diversi paesi dell’UE per il mancato riconoscimento del Kosovo: l’UE ha infatti posto la normalizzazione dei rapporti con Pristina come uno dei principali paletti all’integrazione europea di Belgrado. Per questo da mesi il presidente serbo ha fatto capire di essere pronto per il riconoscimento del Kosovo e chiudere così un capitolo amaro nella storia di questo paese ma si tratta comunque di un passaggio che non potrà avvenire prima del riconoscimento da parte delle autorità kosovare dell’associazione delle municipalità serbe che sono parte degli accordi di Bruxelles e ritenute necessarie per garantire la tutela dei serbi che vivono ancora in Kosovo. Si tratta di una presenza ridotta a poche decine di migliaia di persone ancora oggi sotto la protezione militare della NATO e tutto ciò non è compatibile con un progetto di pacifica convivenza. Vedremo quali saranno i prossimi passi in questa direzione ma è un fatto che il riconoscimento del Kosovo da parte di Belgrado sarebbe non solo un decisivo elemento che potrebbe accelerare l’ingresso della Serbia nell’UE ma può essere considerato fattore di sicurezza per gli altri paesi ex-jugoslavi, a cominciare dalla Bosnia-Erzagovina, aprendo la strada ad una politica di collaborazione in una regione dell’Europa che ancora alla fine del secolo scorso ha visto bombardare Belgrado da una coalizione NATO e assistito ai massacri di civili inermi da ambo le parti. Oggi i paesi balcanici cercano di uscire da un passato di guerre e di distruzione contando sulla collaborazione dell’UE che non può deludere questa aspettativa che può essere un altro tassello nella costruzione di un’Europa più forte e più solidale.
Luglio 2018
Avv. E. Oropallo