Ancora un commento alla sentenza n. 11504/17 Cass. depositata il 10.5.2017
Per comprendere la reale portata della sentenza già commentata in una precedente nota, definita “rivoluzionaria”, non mi sembra che si possa parlare di una totale revisione della giurisprudenza anteriore. In effetti, la Cassazione ha ritenuto di respingere la domanda proposta dall’ex consorte di un economista e politico italiano in quanto tenendo conto delle carte depositate proprio dalla ricorrente, annotando che “è un’imprenditrice, ha un’elevata qualificazione culturale, possiede titoli di alta specializzazione e importanti esperienze professionali, anche all’estero”. Difficile quindi pensare che non sia in grado di garantirsi una adeguata “indipendenza economica” per cui è stata confermata sia la sentenza del Tribunale che della Corte d’Appello che avevano già respinto la richiesta della ricorrente, non avendo la stessa dimostrato “l’inadeguatezza dei propri redditi” a fronte, peraltro, della “contrazione reddituale” subita dall’ex marito “allo scioglimento del matrimonio”. Con altra ordinanza – la n. 12879/17 – depositata il 22.5 la Corte di Cassazione si è pronunciata negativamente sulla richiesta di assegno divorzile promossa dall’ex coniuge che aveva instaurato una stabile convivenza con altro soggetto. In considerazione del nuovo indirizzo giurisprudenziale, scrive la Corte, in presenza di una stabile convivenza da parte dell’ex coniuge con altro soggetto, deve ritenersi cessata l’obbligazione di cui all’art. 5 l. n. 989/70 in conseguenza della cessazione della solidarietà che caratterizza i rapporti tra ex coniugi dopo il divorzio. Altra ordinanza, sempre della Cassazione quasi contemporaneamente invece (Sez. VI n. 18878/17 depositata il 29.5), ha ritenuto di respingere le obiezioni mosse dall’ex marito confermando l’obbligo di versare all’ex moglie un corposo assegno mensile, ritenendo irrilevante il fatto che quest’ultima avesse rifiutato alcune offerte di lavoro. Unica concessione: la riduzione della cifra stabilita in Tribunale, circa 3.000 euro ogni mese. Come si vede, un’interpretazione, quella della Cassazione, tutt’altro che uniforme. Segno che bisognerà lavorare per uniformare sul punto la giurisprudenza di legittimità.
Giugno 2017
(Avv. E. Oropallo)
Ancora un commento alla sentenza n 11504.17 Cass depositata il 10.5.2017