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EMISSIONI NOCIVE: LA COMMISSIONE EUROPEA v/s ITALIA

Dalla lettura del mensile “Al volante” apprendiamo che la Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per la vicenda delle emissioni nocive: l’esecutivo dell’UE critica le autorità nazionali di non aver rispettato la normativa comunitaria che regola l’omologazione  delle auto con motore a gasolio, nel caso di quelle del gruppo FCA. “Il nostro governo – si legge –  avrebbe ignorato di proposito la presenza di dispositivi irregolari che “manipolano” le emissioni solo nel momento dell’omologazione”. E’ la stessa contestazione che gli USA fecero alla Volkswagen.  Nel caso dell’Italia, se l’accusa fosse provata, l’Italia avrebbe fatto un notevole sconto ad un’industria automobilistica che d’italiano conserva il nome ma che oggi è un’impresa straniera, che ha sede principale all’estero e che paga le tasse all’estero. Aggiungiamo, a onor di cronaca, che è la stessa accusa che il governo Trump ha lanciato alla FCA per la produzione in  USA. Insomma, vicenda abbastanza seria che, se fosse vera, farebbe scattare una pesante sanzione per l’Italia a tutto vantaggio di un produttore privato che, dopo aver goduto di aiuti di Stati a pioggia, quando questo era ancora possibile, ha girato le spalle all’Italia trasferendo la sede all’estero per motivi fiscali e sottraendo dunque i profitti ottenuti in Italia ad una tassazione più pesante. E’ ammissibile tutto ciò? E’ ammissibile cioè che lo Stato italiano lavori a beneficio di una industria privata? Purtroppo, è così e ne dobbiamo prendere atto quando i nostri politici continuano a parlare di lavorare per le reali esigenze degli italiani. Del Rio, ministro dei trasporti, polemicamente ha dichiarato che “si poteva avviare un dialogo fra l’Italia e l’UE senza atti formali”. Probabilmente, il ministro Del Rio avrebbe optato per un accordo informale dimostrando così  di non conoscere la normativa europea. Il procedimento d’infrazione infatti si svolge attraverso varie fasi: innanzitutto la commissione invia una lettera al paese trasgressore per chiedere chiarimenti. Solo in mancanza di collaborazione dello Stato interessato, viene aperta una procedura di infrazione che è un atto formale che in caso di mancata applicazione della normativa UE, finisce con un deferimento dello Stato che si è reso responsabile della violazione. Ci sembra dunque davvero inopportuna e inammissibile la richiesta del ministro. Certo è che la vicenda era nota da tempo, notificata al governo italiano che non se n’era affatto preoccupato, fidando sempre sulla buona stella. Una tipica soluzione all’italiana che gli organismi della UE sembrano non aver gradito. Ma il governo italiano – scrive la rivista – è nel mirino della Commissione Europea anche in materia di concessioni autostradali. In effetti, il Governo italiano è stato deferito. Innanzi alla Corte di Giustizia europea perché, in violazione del diritto comunitario, avrebbe rinnovato per ben 18 anni la concessione di un tratto autostradale al precedente concessionario italiano. L’UE ha ritenuto che una proroga di 18 anni equivale ad una nuova concessione che prevedeva l’obbligo di indire una gara d’appalto internazionale. Già in passato l’UE aveva ammonito l’Italia a non prorogare ma ad indire regolari gare d’appalto ma l’appello non è stato ascoltato ed oggi il governo rischia di pagare una sanzione di centinaia di milioni che verrà pagata dunque da tutti gli italiani, mentre ad esserne beneficiato risulta ancora una volta un imprenditore privato. E’ giusto tutto ciò? Domanda retorica in quanto per i nostri governanti è giusto sostenere l’industria nazionale, privata o pubblica che sia, anche a costo di violare una precisa normativa comunitaria. Ma il conflitto tra Italia e UE non si ferma qui: v’è in corso un altro procedimento che potrebbe portare a conseguenze ancora più disastrose per il governo italiano. Ed è quello del rinnovo delle concessioni per il litorale italiano agli attuali concessionari per altri 5 anni, laddove la normativa europea dispone anche in questo settore l’obbligo di indire regolare gara d’appalto alla scadenza della concessione. Anche in considerazione del fatto che gli attuali concessionari pagano un canone di concessione molto basso. Insomma, ancora una volta il governo lavora per il profitto di queste piccole o medio aziende, rinunziando ai maggiori importi che lo Stato potrebbe percepire da nuove concessioni. E stiamo parlando di un calcolo di alcuni miliardi di euro, che potrebbero anche essere destinati ad un progetto di risistemazione del nostro patrimonio marittimo. L’Europa è in forte ripresa, come scrive Draghi, ma l’Italia resta il fanalino di coda con un aumento del PIL risicato, inferiore all’1% annuo e con una pesante situazione occupazionale aggravata dal blocco degli investimenti nel settore pubblico.

Giugno 2017

(Avv. E. Oropallo)

 

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