NON E’ PIU’ TEMPO DI PROMESSE
Quest’anno cade il 60° anniversario della firma del Trattato di Roma istitutivo della Comunità Economica Europea della CECA e dell’EURATOM. E’ inutile dire che lo Stato dell’Unione presenta notevoli criticità anche dopo la “secessione” della Gran Bretagna senza nascondere che proprio quest’ultima comincia ad accusare i colpi di questa decisione non meditata a fondo. Una sorta di Risiko che non solo ha messo fine ad una carriera politica come quella dell’allora capo del Governo inglese David Cameron ma che sta mettendo in moto delle forze sociali che si oppongono a questa soluzione mentre i governi sia della Scozia che dell’Irlanda del Nord, che pur fanno parte della Gran Bretagna, si sono apertamente dissociati dalla decisione del Governo centrale. Effettivamente, il processo di sganciamento dall’Unione Europea sta rallentando anche perché la Camera dei Lords ha imposto al Capo del Governo conservatore Teresa May un percorso diverso da quello che era previsto per cui non si riesce ancora a vedere quale conclusione possa avere questa vicenda. Neppure si può nascondere che, dietro l’esempio della Gran Bretagna, altre forze politiche di destra in Europa hanno nel loro programma di uscire dall’UE. Non stiamo qui a descrivere quali siano i meriti dell’UE e come, grazie alla politica monetaria della BCE, i paesi dell’UE hanno saputo fronteggiare una grave crisi economica che, in mancanza di una politica centrale europea nel settore bancario e monetario, avrebbe finito per travolgere molti paesi, compreso il nostro. Oggi si vede qualche timido spiraglio nel mercato mondiale anche se altre pesanti nubi si addensano sul futuro dell’economia mondiale, grazie anche alla politica protezionistica posta in essere dal Presidente USA. La situazione è incerta e questa incertezza non fa che il gioco dell’estremismo politico e della destra conservatrice, mentre la sinistra tradizionale non riesce a sviluppare un programma che possa ridare dignità alla classe operaia e speranza a milioni di persone rimaste senza lavoro, senza contare che il peggioramento delle condizioni di vita nei paesi terzi, in Africa soprattutto e nel Medio Oriente, non fanno che spingere milioni di emarginati ad emigrare nei paesi economicamente più ricchi. Non a caso questa emigrazione è diretta soprattutto in Europa che, peraltro, non ha saputo sviluppare una politica di accoglienza e di inserimento di queste masse nel sistema economico europeo. In questo quadro così fosco, un segnale di cambiamento può essere dato solo da un sistema politico europeo che sappia affrontare queste sfide, anche attraverso una politica di finanziamento di lavori pubblici che possa riaccendere la domanda di beni. Ma soprattutto l’UE deve crescere politicamente per opporsi ad una politica, come quella posta in essere dagli USA, che è foriera oggi di conflitti economici ma domani anche militari. Gli USA, gendarme della pace mondiale per decenni, si vedono minacciati dalla crescita economica e politica di paesi come la Cina e l’India che cercano di conquistare parte del mercato mondiale con le loro merci e con la loro politica finanziaria. L’UE non può stare a guardare ma, se vuole sopravvivere è obbligata a rafforzare la sua forza politica e ciò può avvenire solo a condizione che le istanze protezionistiche e nazionaliste non abbiano la meglio sui progetti di allargamento dell’Unione e sulla prospettiva di creazione di un vero pool politico a livello centrale deciso a non farsi condizionare dalle scelte e dai problemi interni dei singoli paesi aderenti. E’ questa l’unica condizione, necessaria ma non sufficiente, per escludere la prospettiva di un lento e penoso decadimento o, peggio, la fine di ogni prospettiva unitaria.
Marzo 2017
(Avv. E. Oropallo)