LA QUESTIONE IRLANDESE RITORNA DI ATTUALITA’
Avevamo accennato alle difficoltà che il Governo inglese sta affrontando per la decisione di uscire dall’UE. Ma altre nubi si stanno addensando sulle scelte sconsiderate del governo inglese. E’ vero che, contrariamente alle previsioni di recessione dopo il voto del 23 giugno, la Gran Bretagna ha chiuso l’anno con il secondo tasso di crescita più forte del G7, dietro solo alla Germania (La Repubblica del 27/2) ma questo è dovuto essenzialmente ad un aumento dei consumi. “Con l’inflazione in ripresa – aggiunge la Repubblica – il rischio che il motore di crescita britannica si arresti è reale”.. E questo verrebbe a complicare il quadro indebolendo la posizione della G.B. proprio nel confronto con i partners europei. La Commissione europea, per bocca del suo segretario, ha ricordato ai britannici che “il conto per l’uscita rischia di essere molto salato con un potenziale debito da 60 miliardi di euro”. Certo la linea di Juncker non raccoglie un consenso unanime ma fonti governative italiane e tedesche hanno confermato che la strategia della Commissione può contare sul pieno appoggio di Germania e Italia senza dimenticare che già la Francia si è schierata sulla stessa posizione intransigente. Anche se oggi il governo May può contare su una maggioranza parlamentare che dovrebbe darle piena sicurezza, è vero anche che ben altre nubi e più tempestose si stanno addensando sul percorso avviato. In realtà, già la Scozia ha fatto sapere di prendere in considerazione l’ipotesi di un referendum per restare nell’UE mentre l’ex primo ministro Blair ha proposto un secondo referendum per fermare la Brexit. Ma si annuncia il pericolo reale che l’Irlanda – che fa parte dell’UE e l’Irlanda del Nord che fa parte della Gran Bretagna – rilancino l’ipotesi di un referendum per l’unificazione tra le due parti dell’Irlanda e di restare dunque nell’UE, visto che il 65% dei cittadini dell’Irlanda del Nord hanno votato contro la Brexit. Ricordiamoci che l’accordo storico raggiunto nel 1998 fu garantito proprio dall’UE. L’accordo prevedeva anche la possibilità di un referendum sulla unificazione anzi sulla creazione di un nuovo soggetto politico e c’è chi – come Gerry Adams – presidente dello Sinn Fein – il partito indipendentista cattolico ritiene che sia venuto il momento, non accontentandosi di uno “status speciale” per l’Irlanda, del dopo-Brexit. In effetti, con la scomparsa del confine tra le due parti dell’isola, le due economie si sono sempre più integrate, grazie anche al fatto che tutta l’Irlanda faceva parte dell’UE. Riportare l’esercito alla frontiera fra le due parti divise dell’Irlanda, farà rinascere la rivalità tra i due paesi. Sarebbe come se le due Germanie ricostruissero il muro, dopo averlo abbattuto. Osservazione del tutto condivisibile anche perché riteniamo che i cittadini irlandesi possano pacificamente decidere da soli del proprio futuro politico, isolando le posizioni oltranziste. Ed in questa prospettiva un ruolo decisivo spetterà anche alla Gran Bretagna che dovrebbe rinunziare a tutte le sue pretese territoriali restituendo agli irlandesi la libertà di decidere sul loro futuro.
Marzo 2017
Nota a cura avv. E. Oropallo